Luoghi da visitare (Viterbo, Bomarzo)
Bomarzo
Bomarzo rappresenta, nel vasto panorama italiano di piccoli centri da riscoprire, un importante esempio di ricchezze architettoniche, archeologiche e naturalistiche.
Elemento caratterizzante del paese è il centro storico, in cui spicca Palazzo Orsini: gioiello di architettura rinascimentale.
Alle fasi costruttive del palazzo Orsini di Bomarzo sono legate anche le vicende del sottostante Sacro Bosco di Pier Francesco, ovvero Vicino Orsini nato a Bomarzo il 4 luglio 1523.
Il padre Giovanni Corrado Orsini, già vedovo di Lucrezia Anguillara, il 29 aprile 1520 si sposò con Clarice Orsini, figlia del cardinale Franciotto.
Già il 29 dicembre 1519 l’architetto e pittore senese Baldassarre Peruzzi aveva progettato la prima ala del nuovo palazzo, vicino alla chiesa, e caratterizzato da un cortile, una loggia, una scala e altre divisioni.
Il Peruzzi fu anche impresario avvalendosi della presenza sul cantiere del fratellastro pittore Pietro Antonio di Andrea.
Dal 1520 al 1524 le opere di scalpello fino al primo piano si devono a Pier Domenico Ricciarelli; quelle dopo il 1524, cioè dei mezzanini e del cornicione, a Bartolomeo di mastro Giovanni da Morco nella diocesi di Corno.
Per evitare le strettoie del borgo medioevale, il Peruzzi disegnò e realizzò il percorso di una nuova strada di accesso, documentata anche da una veduta contenuta nel taccuino senese S.IV.7.
Tra il 1521 e il 1533 sotto il castello, il palazzo e il borgo, fu acquisita una vasta area per realizzarvi un giardino terrazzato, degradante verso valle e collegato al nuovo sistema viario.
Nel 1526 la nuova ala del palazzo, non era ancora
finita, tanto che Giovanni Corrado Orsini ai figli prescrisse di terminarla, poi eventualmente di intervenire sulla contigua ala più antica. Uno schizzo del Peruzzi
conservato agli Uffizi (U 579 retto) fa vedere la pianta del palazzo con la loggia, il cortile e la scala alla congiunzione delle due ali, quella nuova in parte realizzata e quella
vecchia ancora da trasformare. Morto Giovanni Corrado Orsini il 21 settembre 1535, fu il figlio Pier Francesco, ovvero Vicino, a far terminare la nuova ala del Peruzzi. Così in corrispondenza del
cortile coperto due finestre del primo piano e il portale d’ingresso al pianterreno portano inciso il nome di Vicino. Sposatosi a Giove nel gennaio del 1544 con
Giulia, figlia di Galeazzo Farnese, Vicino Orsini, al primo piano dell’ala antica, realizzò il proprio appartamento detto della
Galleria, oggi residenza comunale, e ulteriormente ampliato dopo la scomparsa della moglie, tra il 1560 e il 1583. La loggia, a squadro su due lati contigui, oggi è
utilizzata come sala del consiglio. A Bomarzo sono presenti lo scultore e architetto Francesco Moschino soltanto nel 1552 e molto più tardi il figlio Simone
Moschino e un gruppo di scalpellini fiorentini, tutti al servizio dell’Orsini. Il seminterrato dell’ala del Peruzzi era destinato alle cucine e ai servizi,
il pianterreno ai rapporti col pubblico e alla giustizia; il primo piano e il mezzanino ad abitazione. Dopo la morte di Giulia Farnese, Vicino
Orsini abitò nell’appartamento della Galleria; il pianterreno dell’ala del Peruzzi fu utilizzato dal figlio Corradino Orsini e da Margherita Sabella, mentre il primo piano fu
destinato all’altro figlio Marzio Orsini e a Porzia Vitelli. Infatti, intorno al 1575 la sala media al primo piano fu dipinta, forse dal viterbese Orazio Bernardo di
Domenico, con un fregio contenente gli stemmi Orsini e Vitelli e vedute dei castelli dell’una e dell’altra famiglia.
Nel 1564, per una loggia del palazzo, Annibal Caro
fornì le istruzioni per dipingere la favola dei Giganti, forse ancora nascosta se non distrutta. Nel 1645 Bomarzo e palazzo Orsini furono venduti al duca Ippolito Lante della
Rovere, che fece realizzare il grande salone al primo piano nella cui volta, nel 1660-1661 il pittore cortonese Lorenzo Berrettini eseguì l’allegoria della Guerra e
della Pace. Le porte in pietra al primo piano sono del XVII secolo; quelle del Peruzzi sono tutte al pianterreno. Nel 1836 il palazzo passò alla famiglia
Borghese, alla quale si deve la saletta con le vedute dei castelli di Mugnano, Chia e Attigliano. Soltanto nel dopoguerra la maggior parte di palazzo Orsini è pervenuta al
comune di Bomarzo, che per i propri uffici utilizza l’appartamento della Galleria con le iscrizioni di Vicino Orsini e Giulia Farnese.
La Piramide Etrusca o Altare Piramidale
Nei pressi di Bomarzo, si trova un'enorme e particolare masso tufaceo di otto metri per sedici adibito a luogo di culto dagli Etruschi del VII secolo a.C. scoperta nel 1991 durante una spedizione.
Viene chiamata Piramide di Bomarzo, anche se in realtà è una piramide tronca, per certi versi simile a quelle dei Maya.
Un nome più appropriato è Altare piramidale, qualcuno la chiama anche Sasso del predicatore, perché ricorda un pulpito.
Il masso è stato sapientemente lavorato tanto da ricavarne una scalinata di ventisei gradini che conducono prima a due altari intermedi affiancati e poi all'altare principale posto in cima.
Completano la struttura, altre scalinate minori per un totale di circa cinquanta gradini.
La zona dove si trova la piramide è denominata Tacchiolo e, come quella poco distante di Santa Cecilia è ricca di reperti e insediamenti appartenenti al periodo etrusco ma anche protostorico.
Percorrendo i sentieri che si snodano nei boschi circostanti, ci si imbatte quindi anche in abitazioni rupestri scavate dentro enormi rocce megalitiche, altari e luoghi di culto, tagliate etrusche e un cimitero paleocristiano.
Prima degli Etruschi, è probabile che il posto fosse stato scelto come luogo alto dalla cività dei Rinaldoniani che si insediava lungo i corsi d’acqua e sopra rupi prossime ai fiumi.
I Rinaldoniani erano soliti scolpire le pietre per fini astronomici e di culto e per farne sepolcri.
I percorsi sono tortuosi, a volte non segnati e sommersi dalla vegetazione, costellati di continui saliscendi e di passaggi veramente ripidi, ma i tesori che nascondono ripagano dagli sforzi necessari per raggiungerli.
Sono presenti, inoltre, vari sedili e, sulla parte destra, canali che dovevano servire per la raccolta di liquidi versati durante i sacrifici.
Si notano anche varie nicchie profonde quindici centimetri, probabilmente destinate ad accogliere strumenti rituali e di culto.
L'altare è stato scoperto nella primavera del 1991 da una spedizione guidata da alcuni ricercatori locali: Giovanni Lamoratta e Giuseppe Maiorano.
Purtroppo, l'archeologia ufficiale non ha ancora effettuato uno studio approfondito su questo insediamento che rimane, di fatto, abbandonato a se stesso.
Il Parco dei Mostri o Sacro Bosco
Nel bosco, all’ingresso di un particolare giardino disseminato da un dedalo di mostruose meraviglie, dai tempi di Vicino Orsini è possibile leggere questi versi: "Tu ch'entri qua pon mente parte a parte e dimmi se tante meraviglie sien fatte per inganno o pur per arte". Era il 1552, quando il principe iniziò a pensare a una villa delle meraviglie.
L'incarico venne affidato all’architetto Pirro Logorio, lo stesso che ebbe il compito di completare la costruzione di San Pietro dopo la morte di Michelangelo.
La costruzione del giardino accelerò quando Giulia Farnese morì e Vicino, che già era disgustato dalla vita politica e militare, decise di ritirarsi in privato, volendo sfogare la propria tristezza ma anche dedicarsi al suo amore per le discipline alchemiche ed esoteriche, ben rappresentato nel labirinto di sculture che stava facendo erigere.
Si doveva realizzare un luogo dove fosse possibile “
sfogare il core", ma anche
stupire gli occhi degli ospiti visitatori, conducendoli in un regno di sogno, stimolando al tempo stesso la loro intelligenza e la loro cultura, in un
gioco di richiami mitologici e di
enigmi, tra statue di sirene, mostri marini, tartarughe giganti, satiri, sfingi, draghi, maschere, tempietti, falsi sepolcri e giochi illusionistici.
Vi proponiamo due
video di valore storico. Il primo è un filmato della settimana Incom, prodotto durante il fascismo dall'Istituto Luce, che racconta la visita fatta in questi luoghi dal pittore surrealista spagnolo,
Salvador Dalì. Il secondo è un cortometraggio realizzato dal regista ferrarese
Michelangelo Antonioni nel 1950, quando il Parco delle Meraviglie era in stato di abbandono tra le erbacce.
Lettura da: Il Giardino delle meraviglie di Matteo Liberti
“Voi che pel mondo gite errando vaghi di veder meraviglie alte et stupende venite qua ove tutto vi parla d’amore e d’arte”...
Bomarzo è un piccolo paese dell’alto Lazio, arroccato su di una collina tufacea, proprio accanto alla valle del Tevere. Tutto il paese è dominato dal grande, sfarzoso, palazzo della famiglia Orsini, che ebbe per molti secoli un ruolo notevole negli affari romani. All’inizio del secolo XVI le fortune degli Orsini stavano però declinando, mentre un'altra famiglia, quella dei Farnese, stava consolidando la propria ricchezza ed il proprio potere, massimamente durante il pontificato di Alessandro Farnese, che fu Paolo III dal 1534 al 1550. L’unione tra le due famiglie si trovò nel matrimonio tra Pier Francesco Orsini e Giulia Farnese, una figlia di Galeazzo Farnese, duca di Latera e parente di Paolo III. La coppia prese residenza a Bomarzo, nel magnifico palazzo e nel mezzo delle tenute del principe, il Sacro Bosco.
Il Giardino delle Meraviglie di Bomarzo venne concepito come una nuova meraviglia del mondo, così eccezionale ed unica che nessuna cosa le potesse assomigliare...
Quel che prese corpo fu un calderone di pietra e di bosco, in cui sono fuse varie tradizioni, da quella pagana a quella magico-esoterica ed alchimistica, da quella ermetica a quella orientaleggiante ed esotica, che accentuano il senso di disorientamento all’interno di questa particolare dimora filosofale.
Dimora popolata da particolari ospiti guardiani...
Tra le opere che si possono incontrare, una delle prime è costituita da una statua di Ercole che squarta Caco, un figlio del dio Vulcano, durante l’espletamento della decima delle sue fatiche. Accanto alla statua c'è la scritta, leggibile solo in parte, "Se Rodi fu già del suo colosso pur di questo il mio bosco anco si gloria ed per più nun poter fo quanto posso".
Vi è poi un ninfeo, con le tre grazie abbracciate, preceduto da un gruppo con una tartaruga, una donna e una balena; e poi Pegaso, il cavallo alato, ed il mastodontico gruppo con l'elefante, la torre, la guida ed il legionario, seguito dalla più famosa delle sculture di Bomarzo: una testa maligna dagli occhi sbarrati e la bocca spalancata, oggi emblema del Parco dei Mostri.
Per qualcuno è un orco, per altri la porta dell'Inferno; al suo interno c'è un tavolo di pietra che invita al banchetto. Prima, sotto al naso, la scritta "Lasciate ogni pensiero voi ch'entrate", parafrasi dantesca modificata poi in “Ogni pensiero vola”.
Subito dopo si può incontrare un gigantesco personaggio con il volto accigliato e dalla lunga barba, seduto con alla sua destra un mostro marino con le fauci spalancate. Anche in questo caso resta il dubbio: c’è chi lo indica come Nettuno, il dio del mare, e chi come Plutone, dio degli inferi.
Di fronte, ecco la Panca etrusca, che invita il visitatore con la scritta "Voi che pel mondo gite errando, vaghi di veder maraviglie alte et stupende, venite qua, dove son faccie horrende elefanti, leoni, orsi e draghi". Simbologie, frasi ammiccanti e colpi di scena: eccoci di fronte all’ennesimo gioco che contrappone la realtà e la finzione, una via teatrale che è una dominante nelle stravaganze manieristiche.
Eccoci di fronte ad una casa obliqua...
Più in alto, in una radura, sorge un tempietto in stile dorico, di forma ottagonale. Il soffitto è ben decorato con i tipici gigli dei Farnese e con le rose degli Orsini, a memoria dell'unione di Vicino con la moglie Giulia. L'erezione del tempietto fu infatti una dedica di Vicino all'amatissima moglie Giulia Farnese, e fu probabilmente il suo Mausoleo.
Alla fine del sentiero si trova poi la grande testa di un mostro marino, sovrastata da con un globo decorato con i simboli araldici degli Orsini, che è a sua volta dominato da un castello, probabilmente quello di Bomarzo. Secondo alcuni siamo di fronte alla testa di Proteo, il vecchio del mare cui Poseidone aveva affidato il ruolo di custode di tutte le specie animali abitanti del mare. Proteo, abile nell'arte divinatoria, era in grado di trasformarsi in qualsiasi cosa. Un ennesimo rimando alle filosofia esoterica...
Se il parco fosse destinato a particolari individui alla ricerca di una sorta di lato segreto delle cose, una specie di iniziati, oppure se si trattasse di pura opera d’arte, resta un piacevole mistero.
Lo stesso Vicino, d'altronde, fa scrivere ambiguamente: “Tu ch’entri qua con mente parte a parte et dimmi poi se tante meraviglie sien fatte per inganno o pur per arte…”.
Non per arte, né per meraviglia, fu l'abbandono totale del parco dopo la morte del principe Vicino Orsini. Dopo di lui nessuno si prese cura del suo piccolo capolavoro di arte manierista, che per più di trecento anni riposò in silenzio, nel sacro Bosco. I muschi coprirono le creature di meraviglia.
Dopo il lungo oblio, il giardino fu finalmente ri-scoperto, probabilmente durante la visita a Bomarzo di Salvador Dalì, nel 1938: il pittore ne fu pienamente colpito, trovando ispirazione per una delle sue opere: il visionario Le Tentazioni di Sant'Antonio. Dalì realizzò anche un piccolo filmato per far conoscere a tutti le bizzarrie e gli enigmi di quel giardino incantato e meraviglioso, partorito da una mente triste e curiosa.
Dopo la riscoperta, la rivalutazione, il cui merito andò alla famiglia Bettini. Giovanni Bettini, un grande appassionato di arte, comprò l'intero parco e iniziò, insieme alla moglie Tina Severi, un attento restauro. Era il 1954. Da cinquant'anni il Giardino delle Meraviglie, rinominato Parco dei Mostri (probabilmente per lo stato in cui vennero ritrovate le sculture), è diventato un luogo aperto a chi lo voglia ammirare. L’eclettico principe Vicino, che lo fece erigere dal sogno, ha così ottenuto il suo piccolo dono d’immortalità.